martedì 19 novembre 2013

Capitolo 2: Buon Compleanno, Mr. Lightwood


JACE

Guardo con occhi spalancati Clary che è piombata sul mio letto dal nulla.
«Clary…» balbetto, confuso «Cosa ci fai qui?»
Lei sorride e si alza dal mio corpo, sollevando un sacchetto di plastica.
«Pic-nic di compleanno» risponde, con una lieve risatina.
Rido anche io al ricordo di quella notte d’agosto quanto ci scambiammo il primo bacio, nella serra di Hodge.
Mi scopro dalle lenzuola e mi siedo a terra, imitato da lei.
«Allora…» chiedo, divertito «Cosa nascondi il quel sacchetto?». Clary, senza staccare gli occhi dal mio viso, lo apre, mostrandomi il contenuto:
«Mele, panini al formaggio, cioccolato ai cereali…» sollevo lo sguardo «Non ti sei fatta mancare proprio nulla, eh?»
«Già» ribatte, serafica «Ho anche il coltello» continua, tirando fuori dal sacchetto un coltellino svizzero.
«Premurosa…» dico, divertito.
Metto da parte le mele e il coltello, e afferro i due panini al formaggio, uno dei quali lo tendo a lei.
«Grazie…» sussurra, levando il tovagliolo di carta.
Dà un morso e mi fissa di sottecchi:
«Come vanno gli addestramenti alla Città Silente?». Deglutisco il boccone che avevo in bocca:
«Abbastanza bene. Sto imparando a tener sotto controllo il Fuoco del Paradiso, solo che sono sfiancanti… Fratello Zaccaria è terribile. Non mi molla un secondo» rabbrividisco «Sembra che il fatto che impari a controllarlo prima di riuscire a liberarmene sia diventato il suo unico scopo nella vita»
La vedo aggrottare le sopracciglia:
«Eppure sembra così… umano…»
«Oh, lo è» rispondo «Fra tutti è quello con cui si riesce ad interagire meglio… ma ti giuro… come insegnante è pesantissimo». La vedo inarcare un sopracciglio:
«Peggio della signorina Rottermeier?». Sgrano gli occhi:
«Chi?». Ridacchia:
«Un personaggio di un vecchio cartone animato. Era una tutrice irreprensibile… e antipatica»
«Beh» rispondo, deglutendo un altro boccone del panino al formaggio «Fratello Zaccaria è simpatico» faccio una pausa, osservandola addentare l’ennesimo pezzo di pane «E tu? Come vanno gli allenamenti qui?»
«Bene» risponde, con un lieve sorriso «Sto diventando abbastanza brava a lanciare i coltelli. Oggi ho centrato tre volte di fila il centro del bersaglio»
«Complimenti» dico, sinceramente ammirato «E con i salti come va?». La vedo arrossire nel buio:
«Su quelli ho ancora qualche problema… e Alec si diverte a prendermi in giro». Inarco un sopracciglio, mentre appallottolo il pezzo di stagnola e carta nel quale era avvolto il mio panino:
«E tu ricordagli che si è tirato da solo un calcio in testa…» borbotto, mentre afferro il coltello e la mela, iniziando a sbucciarla.
«Jace…»
«Mh?» dico, sollevando lo sguardo; corrugo le sopracciglia di fronte alla sua strana espressione.
Che diavolo…
Mi si avvicina gattonando e si risiede al mio fianco, mettendo la mano destra sul pavimento oltre il mio corpo.
Ciao ciao ragione mia. Mandami una cartolina dalle Hawaii…
«Jace… conosci Marilyn Monroe e John Fitzgerald Kennedy?» chiede, con voce suadente.
Sbatto un paio di volte le palpebre, per cercare di riconnettere i neuroni.
Come può pretendere che le risponda sensatamente se mi sta appiccicata come una cozza e mi parla con quella voce lì?
«Chi?»
Ridacchia e scuote la testa.
«Erano lei un’attrice molto famosa degli anni Cinquanta e lui il Presidente degli Stati Uniti della fine di quegli anni…» fa una pausa, spostandosi una ciocca di capelli dalla fronte, mentre io stringo convulsamente la mela e il coltello che ho tra le mani per non compiere gesti inconsulti «Ed erano amanti»
«E… allora?» chiedo, cercando di deglutire, ma niente: saliva azzerata.
«Quando fecero la festa per il compleanno del Presidente, lei cantò “Buon compleanno, signor Presidente” in una maniera molto sensuale…»
«Quindi…?»
«Quindi…» si avvicina ancora di più, fermandosi ad un centimetro dalle mie labbra «Happy birthday, Mr. Lightwood…»
Al diavolo!
Lancio la mela e il coltello da qualche parte nella stanza, afferro Clary per le spalle e la schianto senza troppi problemi sul pavimento, incollando la mia bocca contro la sua.
«Tu sarai la mia morte, Clarissa…» bisbiglio, quando mi stacco per riprendere fiato. Ridacchia e riprendiamo a baciarci, come se fossimo viandanti nel deserto senza un goccio d’acqua che vedono un pozzo dopo giorni di cammino.
Sento le sue piccole mani scivolare lungo la mia maglietta bucata che uso per dormire e afferrarne i bordi.
Allungo in avanti le braccia e lei mi sfila la maglia, lanciandola da qualche parte alle sue spalle. Mi appoggio sull’avambraccio sinistro, mentre con la mano destra afferro l’incavo del suo ginocchio e le piego in avanti la gamba, tenendola salda contro di me.
La sento mugolare e – quando alza il bacino – afferro con violenza la stoffa del suo vestito e le lo strattono verso l’alto, sfilandolelo, facendogli fare compagnia alla mia maglietta.
A questo punto credo che avrò un infarto.
«Ammettilo, Clary…» sussurro, col fiatone «… hai deciso di uccidermi…».
Ride e scuote la testa, riprendendo poi a baciarmi. Mi metto in ginocchio, trascinandola con me e facendola accomodare sul mio grembo, accarezzandole a palmi aperti la schiena completamente nuda.
E già… perché questa vipera non ha messo il reggiseno…
Senza staccarmi dalle sue labbra, poggio la mano destra sul materasso, facendo forza per alzarmi e far sdraiare Clary nel mio letto, i capelli rossi sparsi a ventaglio sul cuscino.
Giocherellando con i suoi riccioli, scendo con le labbra lungo la linea del suo collo e fermandomi tra le due clavicole. Vedo la giugulare pulsare velocemente, e il suo petto che si alza e si abbassa rapidamente.
Col dito indice, le accarezzo il seno sinistro, facendola boccheggiare, mentre, lasciandole baci lievi  sulla pelle, raggiungo con la bocca il capezzolo del seno destro, che stringo tra i denti.
«Jace!» ansima, stringendomi i capelli in una morsa.
Ridacchio leggermente, senza staccare le mie labbra dalla sua pelle, e accarezzando con l’intera mano l’altro suo seno.
Dopo non so quanti minuti che la torturo, inarca di colpo il bacino, facendolo sbattere violentemente contro il mio.
Mugolo e, a malincuore, stacco le labbra dal suo seno; mi tiro su, trovandomi  in ginocchio tra le sue gambe, e, con delicatezza, poso le mani sui bordi dei suoi slip.
La guardo in viso: mi fissa con gli occhi verdi spalancati e col labbro inferiore stretto tra i denti. Annuisce impercettibilmente e, con lentezza, faccio scorrere gli slip lungo le sue gambe chiare. Le afferro il polpaccio sinistro e le faccio piegare la gamba verso il suo busto, in modo da poterla sfilare. Afferro poi la sua caviglia destra e la sollevo al livello della mia spalla. Lentamente, poso le mie labbra sulla sua caviglia, baciandola con delicatezza, per poi risalire con calma verso l’alto. Mi viene in mente il privée nella discoteca di Praga. Sì, ero drogato e sotto il controllo di Sebastian… ma ricordo bene che quando le baciai il ginocchio, Clary aveva emesso un gemito più forte degli altri.
Arrivato al ginocchio, la mordo lievemente e lei mi afferra con violenza i capelli, mordendosi le labbra per non farsi sentire.
Sorrido sulla sua pelle, mentre avanzo verso l’alto e Clary lascia scivolare la gamba lungo la mia schiena, senza mai mollare la presa sulla mia chioma bionda.
Le mordicchio la spina iliaca appena evidente e mi fermo sullo stomaco, dato che la gamba di Clary è ormai alla trazione massima.
Tenendo la mia mano sinistra sul suo ginocchio e sollevandomi lievemente, raggiungo con le dita della mano destra il clitoride, strizzandolo delicatamente tra i miei polpastrelli.
La vedo spalancare gli occhi e inarcare di botto la schiena, mentre con una mano si tappa violentemente la bocca per impedirsi di urlare.
«Fregatene, Clary» le sussurro «Le stanze di Izzy e Alec sono lontane… e poi voglio sentire quanto ti piace…»
«Tro…p…po…» ansima, fissandomi e premendo la sua gamba sulla mia schiena, per non lasciarmi andare (come se volessi poi farlo…) «Mi… piace… troppo…»
Mi scappa una risatina:
«Per così poco…?» chiedo, infilando un dito dentro di lei.
Clary chiude gli occhi di scatto, buttando la testa all’indietro e infilandosi entrambe le mani tra i capelli, stringendoli forte.
Continuo a muovere il dito, mentre lei sussurra il mio nome come una cantilena.
Quando aggiungo un altro dito, la vedo piantare le unghie nelle lenzuola, e piegare le dita come se volesse strapparle.
La lascio libera dalla presa delle mie mani quando l’orgasmo la travolge e un urlo le muore in gola.
Resto sospeso su di lei, col viso all’altezza del suo e sorreggendomi sul braccio sinistro, con la mano poggiata accanto alla sua testa. Quando riapre gli occhi le sorrido malizioso, infilandomi le dita bagnate in bocca.
Se non avesse già il viso rosso, scommetto che arrossirebbe come una bambina.
Appena finisco di leccare le mie dita, Clary mi afferra di scatto la nuca e trascina il mio viso verso il suo, incollando le sue labbra alle mie, entrando prepotentemente con la lingua nella mia bocca.
Preme le sue mani sulle mie spalle e, facendo passare la sua gamba destra attorno alla mia vita, mi costringe a girarmi, inchiodandomi supino sul materasso.
Fa passare le sue labbra lungo il mento e poi la linea della mascella, fermandosi a mezzo centimetro dal mio orecchio, mentre con le mani vaga lungo tutto il mio petto e l’addome, fermandosi proprio sul bordo dei pantaloni di cotone.
«Sei troppo vestito…» mi sussurra, con lo stesso tono di voce con cui mi ha cantato “Buon compleanno”. Aiutandosi anche con le gambe, riesce a sfilarmi in un colpo solo sia i pantaloni sia i boxer, che io calcio da qualche parte in fondo alla stanza.
Quando con le labbra scende sul mio petto e imita ciò che io ho fatto, stringo il labbro inferiore tra i denti e butto indietro le braccia, afferrando con violenza la testiera di legno. Credo di sentire un “crack” ma, ad essere sinceri, è l’ultimo dei miei pensieri.
Sento le sue dita pizzicare maliziosamente la pelle sopra la spina iliaca, decidendo poi di scendere.
Stacco la mano sinistra dalla testiera e le afferro in un attimo il polso, bloccandola.
«No»
Mi guarda confusa e – – dispiaciuta.
«Perché?»
«Perché non risponderei delle mie azioni, Clary» rantolo, mentre cerco di regolarizzare il mio respiro ma con scarsi successi.
«Ma io…»
La zittisco con un bacio, facendola rotolare sotto di me e accarezzandole il corpo con una lunga carezza.
«Ti va?» le sussurro, leccandomi le labbra secche.
Spero mi risponda di sì, perché non so se avrò la forza di fermarmi… non adesso.
Si limita ad annuire, ma sento il suo corpo teso come una corda di violino.
«Allora rilassati» continuo, spostandole una ciocca di capelli che le si è attaccata alla fronte sudata «O ti farò più male di quanto non vorrei…»
Chiude gli occhi e si abbandona sul materasso.
Poggio le mani ai lati della sua testa, per sorreggermi, e mi faccio strada nel suo corpo.
Digrigno i denti.
È strettissima…
Di colpo, afferra le mie spalle e si alza verso di me, piantando i denti nella mia carne, soffocando così un urlo di dolore.
Le circondo la vita con un braccio, stringendola a me.
«Shhh…» le sussurro, cercando di calmare i suoi singhiozzi «… scusami…» continuo, riaccompagnandola dolcemente con la schiena sul materasso.
«Dimmi tu quando sei pronta…» aggiungo, fissandola in viso e cercando di non stringere gli occhi dal dolore.
Stare fermo è una tortura nel senso letterale del termine.
Dopo quella che a me pare un’eternità, mi fa un debole cenno col capo e io comincio a muovermi lentamente.
Inizialmente, la sento lamentarsi ancora per il dolore, poi i suoi lamenti diventano di tutt’altra natura.
«Di più…» sussurra, con gli occhi chiusi.
Grazie al Cielo…
L’accontento più che volentieri, dato che quel ritmo così dolorosamente lento mi stava facendo perdere il senno.
Mi chino a baciarla, mentre continuo a sbattere il mio bacino contro il suo, che mi viene timidamente incontro.
Quando sento di arrivare al limite, prendo la sua mano destra che mi stringe la spalla, per poi intrecciare le dita e portarla tra i nostri due corpi.
«Toccati» le sussurro, mentre la mia ragione se ne sta tranquillamente spaparanzata su una sdraio su una spiaggia delle Hawaii intenta a scrivermi una cartolina.
Se non si sbriga, io muoio…
Esitante, mi ubbidisce e io devo morsicarmi le labbra a sangue e stringere gli occhi fino a farmi male per trattenermi.
Avanti, Clary… avanti…
Quando i suoi muscoli mi chiudono in una morsa e la sua schiena si inarca di colpo mi lascio andare.
Grida il mio nome, graffiandomi violentemente la schiena, e dal fondo della mia gola parte un ringhio basso, mentre con tre spinte secche mi svuoto completamente in lei.
Nel momento in cui riprendo contatto con la realtà, mi rendo conto di come sono messo.
Le braccia mi tremano violentemente.
Sono tutto sudato e i capelli della nuca sono fradici.
Cerco di calmare il mio respiro ansante mentre guardo Clary sotto al mio corpo, che non sta messa molto meglio di me: le ciocche di capelli rossi sono incollate alla fronte sudata, gli occhi sono chiusi e il respiro pesante.
Wow…
Appoggiandomi prima su un avambraccio e poi sull'altro, mi sdraio completamente su di lei, posando la mia testa appena sotto il suo collo.
Sento le sue mani correre tra i miei capelli, accarezzandoli distrattamente.
«Visto?» sussurra, dopo qualche minuto «Non mi hai scottato...»
Non posso fare a meno di ridacchiare, poi mi accoccolo meglio addosso a lei e la abbraccio, addormentandomi qualche minuto dopo.

L’ultima cosa che sento, è lei che ci copre con le lenzuola spiegazzate accatastate al nostro fianco.

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